La tassazione In Europa, la tassazione è organizzata come nella maggior parte degli altri paesi del mondo. Esistono tre tipi principali di tasse: imposte dirette (imposta sul reddito, imposta sulle società, ecc.), Imposte indirette (IVA, ecc.), contributi di previdenza sociale. Inoltre, l'aliquota d'imposta dipende dal reddito percepito con soglie massime stabilite in modo che la tassazione non sia confiscatoria. Secondo il World Economic Forum, otto dei dieci paesi con le più alte imposte sul reddito si trovano in Europa. Questo è il caso di Svezia, Danimarca e Paesi Bassi. In questi tre paesi, l'imposta massima supera il 50%. Tra i paesi economicamente più avanzati, solo il Giappone ha messo in atto un sistema fiscale paragonabile. L'imposta sulle società Più specificamente, per quanto riguarda l'imposta sulle società, diversi paesi europei sono tra quelli con le imposte più alte del mondo. Secondo uno studio di KPMG, l'imposta sulle società supera infatti il 30% a Malta, in Belgio e in Francia. Livelli che si trovano comunque anche in Australia, Giappone e Stati Uniti (sebbene ci siano differenze significative tra gli stati). Viceversa, diversi paesi europei hanno fissato aliquote dell'imposta sulle società inferiori al 15% (Ungheria, Bulgaria, Cipro, Irlanda). Nessun'altra economia occidentale è in questa situazione. La situazione in Europa Come in molti altri settori, l'Unione europea è caratterizzata da forti disparità tra i suoi Stati membri per quel che riguarda il fisco. Disparità che non tendono ad essere assorbite nella misura in cui la politica fiscale appartiene ancora largamente ai governi nazionali e non a Bruxelles. Di conseguenza, la dimensione delle entrate fiscali complessive varia notevolmente da paese a paese. Queste superano il 40% del PIL in sette stati, tra cui Danimarca, Belgio, Francia, Svezia e Italia. Mentre sono meno del 30% del PIL in paesi come Lituania, Lettonia, Romania o Irlanda.
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La Svizzera viene vista ancora oggi da molti come un vero paradiso fiscale. Questo grazie alle imposte che riguardano questo paese. Il regime fiscale La Svizzera viene definito come un paese dove la pressione fiscale è davvero leggera sopratutto se paragonata a quella italiana. Per questo il paese è considerato un paradiso fiscale e offre tanti vantaggi a coloro che fanno qui un investimento o vi aprono un'azienda. Infatti la tassa sugli utili risulta essere circa l'otto percento sul totale dei proventi ricavati dalla stessa impresa sul suolo italiano. Inoltre la Svizzera offre diversi incentivi alle nuove imprese, sopratutto non si deve aprire la partita IVA sotto una certa soglia di reddito. La pressione fiscale La Svizzera è considerata quindi un paradiso del fisco che offre anche altri vantaggi riguardo la pressione fiscale. Qui la pressione fiscale generale ammonta al venticinque percento. Per questo la Svizzera è ancora vista come una terra dalle mille opportunità per coloro che in Italia non sono riusciti a fare decollare la loro impresa, malgrado sacrifici e strategie messe in atto per evitare situazioni negative rispetto al fisco ed alla sua alta pressione. Referendum Occorre sottolineare però che il paradiso fiscale Svizzera, dal mese di settembre scorso ha indetto un referendum proprio sull'immigrazione che ha permesso ai cittadini di scegliere se limitare il numero di immigrati e chiudere le frontiere, e se ne sta ancora parlando, si vedrà in futuro se questo potrà essere ancora la meta preferita di molti imprenditori e cittadini che sfuggono alla guerra fiscale. La legge di stabilità - uno strumento con il quale il governo fissa una serie di manovre economiche in ragione delle necessità dello Stato - ha introdotto nel 2016 un nuovo rapporto tra fisco e contribuente, l'avviso bonario: confrontiamolo con gli altri strumenti di esazione. Il ravvedimento operoso Il ravvedimento operoso prevede che un contribuente pentito di avere omesso versamenti dovuti al fisco provveda spontaneamente al pagamento, e questo prima che il fisco si accorga della manchevolezza. Il contribuente pagherà una penale relativamente bassa ed eviterà (forse) l'apertura di contenziosi con il fisco. La cartella esattoriale Con la cartella esattoriale, il fisco aggredisce direttamente, a torto o a ragione, il contribuente intimandogli di pagare somme che ritiene dovute. La cartella è un titolo esecutivo: in caso di mancato pagamento, chi l'ha emessa ha diritto di riscuotere forzatamente il denaro, anche attraverso il pignoramento di beni mobili e immobili. Tipico è il fermo amministrativo dell'automobile con il quale l'ente esattore impedisce al contribuente l'utilizzo di un bene il cui valore è spesso decine di volte superiore al debito, così da spingerlo a pagare quanto dovuto. La cartella esattoriale è uno strumento di riscossione con molti punti deboli dal punto di vista formale ed etico. È possibile opporsi al pagamento di una cartella esattoriale, tuttavia l'onere della prova spetta al contribuente, una situazione contraria alla norma giuridica che prevede che sia chi accusa a dover provare la propria ragione. Inoltre la riscossione coatta attraverso cartella esattoriale ha provocato la rovina di non poche persone: non di rado per un debito di poche centinaia di euro l'ente esattore ha confiscato e svenduto abitazioni e altri beni di grande valore, spesso senza che il contribuente ne fosse a conoscenza (per esempio perché impegnato per lavoro all'estero). E infine, interessi e penali delle cartelle esattoriali superano di gran lunga sia gli interessi legali sia quello che è un ragionevole rapporto tra mancanza e sanzione. L'avviso bonario, cordialità fino a un certo punto Nel 2016 il governo ha deciso di provare a migliorare il rapporto sbilanciato tra fisco e contribuente introducendo uno strumento che si colloca a metà tra ravvedimento operoso e cartella esattoriale: l'avviso bonario. Questo è una notifica che il fisco emette automaticamente quando rileva che non è stato effettuato un determinato versamento previsto dalla dichiarazione dei redditi o IVA. Rispetto alla cartella esattoriale l'avviso bonario non ha valore coattivo e prevede sanzioni ridotte; il contribuente ha tempo 30 giorni per contestarlo, anche telefonicamente in caso di errore puramente formale. Per le somme effettivamente dovute, è possibile pagare con 8 o 20 rate trimestrali a seconda che il debito sia inferiore o superiore ai 5.000 euro. Ciò che indebolisce l'avviso bonario è il fatto che non si tratta di un atto dovuto dall'amministrazione, che può decidere di ometterlo e passare direttamente alla cartella esattoriale quando ritenga di avere assolutamente ragione. In questo senso, quello che avrebbe dovuto essere un elemento di collaborazione amichevole nel rapporto tra Stato e individuo si trasforma in un ulteriore atto arbitrario. Il primo giorno di luglio del 2017 è scomparsa Equitalia, considerata un vero e proprio incubo da milioni di italiani, il cui posto è stato preso dalla nuova Agenzia delle Entrate-Riscossione. Cosa è cambiato per i contribuenti? Le vecchie cartelle di Equitalia Come è noto, entro la fine di marzo dell'anno in corso era possibile aderire alla rottamazione delle cartelle spiccate da Equitalia nel periodo compreso tra l'inizio del millennio e il 2016, avendone in cambio uno sconto. In pratica chi accettava di sottoporsi all'iter previsto ne riceveva in cambio agevolazioni rispetto alla somma da pagare e un piano di rientro graduale. Proprio per questo motivo la chiusura dell'agenzia pone un problema, quello relativo alle cartelle ancora in pendenza. Un problema solo apparente, comunque, in quanto cambia soltanto l'interfaccia con cui dovrà confrontarsi il contribuente, che è appunto il nuovo soggetto, in base a quanto disposto dal decreto legge 193 del 2016. Per effetto di questa norma, una volta avvenuta la transizione da Equitalia alla Agenzia delle Entrate-Riscossione non sarà necessario notificare nuovamente le cartelle. Il problema legato alla transizione Proprio la necessità di passare da un soggetto all'altro e di riorganizzare di conseguenza tutte le attività, potrebbe però comportare una certa confusione e una serie di ritardi tali da riflettersi sulla normale attività. In una situazione di questo genere, con i disguidi all'ordine del giorno, potrebbe quindi accadere che un numero imprecisato di cartelle non vengano notificate, conducendo di conseguenza alla loro prescrizione. Proprio per questo motivo gli addetti ai lavori consigliano di non aderire alla rottamazione ove il termine di prescrizione sia vicino e farlo invece nel caso contrario, ovvero se essa avverrebbe tra più di un anno. Il condono Equitalia 2018 Il condono delle cartelle Equitalia era una misura prevista all'interno della Legge di Bilancio 2017, la cui ratio derivava dalla necessità di chiudere almeno una parte del gran numero di contenziosi coi contribuenti e fare cassa in modo da favorire i sempre precari conti pubblici. Secondo i conti fatti dall'esecutivo, tramite questa via le casse statali avrebbero infatti potuto giovarsi dell'afflusso di circa 4,5 miliardi di euro. Con la nuova Legge di Bilancio, il quadro in cui dovrà avvenire il condono vede però qualche sensibile variazione. In particolare, anche chi non era riuscito a saldare le rate concordate può ora tornare in regola, provvedendo a versare quanto dovuto entro la fine di novembre. Inoltre anche chi abbia ricevuto una o più cartelle nei primi nove mesi del 2017 può accedere alla procedura. Per farlo dovrà però avanzare la relativa domanda entro il maggio del prossimo anno e dovrà saldare quanto dovuto in un massimo di cinque rate di eguale importo. Referendum in Kurdistan
In questo periodo in cui si sta attuando un referendum in Kurdistan (è stata infatti plebiscitaria la vittoria del ‘sì’ per ottenere l’indipendenza dalla Turchia) i mercati petroliferi internazionali sono in tensione per le eventuali possibili conseguenze di questa situazione, in particolare per quel che riguarda eventuali contromosse da parte della Turchia. Per questo motivo nella giornata di ieri il presidente della Turchia Erdogan ha minacciato di chiudere un oleodotto che permette ai curdi di esportazione il greggio. In Italia Invece in Italia, ieri Eni ha deciso di effettuare un rialzo del carburante e dopo di lei ci sono stati questa mattina altri aumenti. Sembrerebbe infatti che Esso e Tamoil abbiano aumentato di un centesimo di euro al litro i prezzi di benzina e gasolio. IP ha invece effettuato un aumento di 7 millesimi di centesimo di euro per la benzian verde e di un centesimo di euro per il diesel. Prezzi medi osservati Questi sono i prezzi presi in media sono stati comunicati dai gestori dell’Osservatorio prezzi del ministero dello Sviluppo economico, rilevati su circa 13mila impianti di rifornimento in tutta Italia alle 8 di ieri mattina : La benzina self service sembra rimanere stabile a 1,521 euro al litro (alle pompe bianche 1,497), il diesel è a 1,366 euro al litro (e per le pompe bianche 1,341). La Benzina con il rifornimento servito è a 1,639 euro al litro (-2 millesimi, nelle pompe bianche 1,538), invece il diesel è a 1,487 euro al litro (-1 millesimo, e alle pompe bianche è 1,383). Il Gpl 0,621 euro per litro ( pompe bianche a 0,606), per il metano siamo a 0,961 euro al kg (-1 millesimo, e nelle pompe bianche a 0,950). Chi fino ad oggi dimenticava di pagare il bollo auto, poteva sperare di non ricevere cartelle per dieci anni, dopodichè si prescriveva, ma con una Sentenza della Corte di Cassazione si è abbassato il limite della prescrizione a tre anni.
il bollo auto Infatti la notifica di pagamento per le mancate somme versate arretrate per il bollo auto ha un limite, entro tre anni, altrimenti da adesso il bollo dopo 36 mesi si prescrive . Questo è stato deciso con la sentenza della cassazione n. 20425/2017 la quale fornisce agli automobilisti che devono pagare il bollo degli spiragli di speranza. Se avete delle cartelle di pagamento che sono state consegnate dopo tre anni dal mancato pagamento esse sono infatti illegittime e diventa quindi possibile fare ricorso. Calcolare i tre anni I tre anni però sono da calcolare dal primo giorno dell’anno successivo alla data di scadenza del bollo. Infatti se avevate il bollo scaduto il 16 luglio 2016, il conteggio dei tre anni verrà effettuato dal primo gennaio 2017 e in conseguenza la tassa di riscossione di mancato pagamento potrà essere inviata solo fino al 31 dicembre del 2019. Se però in questo tempo non vi giunge nessuna notifica di pagamento, scatta la prescrizione e non sarete quindi soggetti più ad alcun pagamento. Si deve fare ricorso Se però la notifica arriva dopo il tre anni, anche se non siete soggetti a pagamento, bisogna però presentare ricorso entro i 60 giorni dalla data di ricevimento della cartella esattoriale altrimenti se non si fa ricorso si dovrà lo stesso versare quanto dovuto. Il ricorso dopo tre anni va fatto alla Commissione Tributaria Provinciale ed entro 60 giorni dalla data di ricezione della notifica di pagamento. A dieci anni invece rimane inviariata la prescrizione per gli atti giudiziari. Poco meno di due mesi fa, si parlava della crisi venezuelana, del fallimento che ha avuto la rivoluzione anti-capitalista guidata da Chavez e Maduro e tra questo il silenzio della sinistra anche occidentale. Le democrazie nordiche Le critiche riferivano che il Venezuela non rappresenta quindi il vero “sogno socialista”. Il termine “socialismo” è forse maggioremente adatto se si osservano le democrazie nordiche di Danimarca,di Finlandia,di Norvegia e di Svezia. Se si guarda bene a questi paesi si nota che il loro successo economico è sinonimo di libertà d’impresa, di riforme pro-mercato e di una mentalità capitalista. Caratteristiche di questi paesi Quindi non esiste socialismo anche se queste nazioni hanno welfare generosi, si deve però evidenziare che tutte queste economie hanno u mercato interno libero, aperto al commercio internazionale, e sono anche le più innovative al mondo facilitando del resto enormemente le attività imprenditoriali. Tra le prime nazioni al mondo Come dice l' “Index of Economic Freedom”, che è un indicatore redatto dalla Heritage Foundation e Wall Street Journal il quale analizza 12 categorie di libertà economica (e tra queste il diritto di proprietà, spese statali, incidenza fiscale, libertà di business, libero scambio), questi sopracitati paesi nordici sono tra le prime 30 nazioni al mondo. Nel 2006, quando si furono le elezioni generali, l'Ecuador stava attraversando una grave crisi democratica: il paese è stato diviso, minato dalle disuguaglianze, e la fiducia del popolo nei confronti dei suoi dirigenti è stata abbassata. Infatti, Lucio Gutiérrez, presidente dal 2003, è stato licenziato alla fine del 2005 da parte del Parlamento, in seguito alle proteste di massa nel paese, dopo le spese successive all'appropriazione indebita. Le elezioni del 2006 sono state quindi essenziali per riguadagnare la stabilità politica. Rafael Correa, candidato al potere in un'alleanza di partiti di sinistra, Alianza País, mentre promette di porre fine alla partitocrazia, da la distanza delle persone e funzionari eletti. E 'stato eletto con il 57% dei voti al secondo turno. Il modello economico del paese era di tendenza neoliberista per 25 anni, sulla base della forte deregulation, la liberalizzazione del commercio e l'interventismo non monetario (la moneta nazionale è il dollaro USA a partire dal 2000). Il paese gode di un ricchissimo sottosuolo (petrolio, minerali, gas), e una vivace pesca e agricoltura. Tuttavia, questi settori sono dominati da un'oligarchia, e i trasferimenti di ricchezza sono bassi. I settori ad alto valore aggiunto (cibo, marchio automobilistico con Aymesa) rappresentano una piccola quota della produzione . R. Correa è rimasto al potere fino al 2 aprile 2017, quando è stato sostituito da Lenín Moreno, suo ex vice presidente dal 2007 al 2013. I 10 anni della presidenza Correa hanno segnato un'inversione del modello economico ecuadoriano, grazie alla "rivoluzione cittadina" in linea con le politiche praticate in Venezuela e Bolivia, una politica economica interventista di ridistribuzione della ricchezza. Se il risultato di queste politiche è evidenziato in entrambi i paesi, tra cui il Venezuela, attualmente in fase di crisi economica e sociale, quali conclusioni possiamo trarre da 10 anni di Correa al potere? L'arrivo di R. Correa come presidente nel 2006 segna una rottura politica ed economica. Durante i suoi dieci anni al potere, ha condotto una serie di riforme che hanno modificato la struttura del paese in modo rofondo: una nuova costituzione, la politica monetaria controllata e politica fiscale espansiva. L'Italia continua ad essere un paese dove, alcune agevolazioni fiscali, permettono di poter riuscire a definite la penisola come vero e proprio paradiso fiscale.
Uno di questi aspetti riguarda appunto la successione e la donazione, che risultano essere degli aspetti dove il Governo e lo Stato non riesce a mettere mano. Occorre mettere in risalto il fatto che tale tipologia di aspetto è stato discusso dai parlamentari proprio nel corso degli ultimi giorni in merito appunto ad un particolare argomento, ovvero il debito pubblico. Dopo diversi mesi di discussione, nonché alcune direttive che provengono proprio da Bruxelles, sembra che in Italia vi sia il rischio di salassi per eredi e donatori dalla manovra bis, che potrebbe complicare ulteriormente una situazione assai difficile da sostenere all'interno dello stesso paese italiano, definito come un luogo dove i cambiamenti risultano essere fin troppo repentini e poco piacevoli da vedere. La scelta del Governo Per ridurre il debito pubblico occorre che i cittadini sostengano una quantità di imposte superiori rispetto a quelle che già vengono pagate. Questo è un dato di fatto che altro non fa se non rendere maggiormente complicata la situazione. Il Rischio di salassi per eredi e donatori dalla manovra bis è quindi presente e potrebbe cambiare radicalmente la storia del paese: coloro che ereditano o fanno delle donazioni potrebbero quindi trovarsi a dover sostenere una nuova imposta per poter ridurre ulteriormente il debito che il paese italiano ha acceso del corso degli ultimi decenni. Con la bocciatura dell'aumento delle imposte sulla benzina, il parlamento si è trovato costretto a dover trovare un nuovo ambito dal quale ricavare il denaro e pare proprio che questo riguardi appunto la successione e la donazione, che andrebbero intaccate per la prima volta nella storia. Non tutti, ovviamente, sono d'accordo con tale scelta e le polemiche non sono di certo venute a mancare nel corso degli scorsi mesi. La situazione in Italia Oltre cento milioni di euro potrebbero essere recuperati dal paese italiano se si applicasse questa particolare tassazione. Questo è uno dei dati reso pubblico durante le ultime riunioni dei politici italiani, i quali hanno voluto introdurre questo argomento proprio per tutelare il paese stesso. Ma il rischio di una nuova crisi interna del paese, causata appunto da tale decisione, potrebbe essere tutt'altro che piacevole da sostenere. Il Rischio di salassi per eredi e donatori dalla manovra bis sembra quindi essere una certezza che potrebbe ben presto concretizzarsi e rendere meno semplice il vivere in Italia, almeno secondo coloro che risparmiano denaro. Una panoramica sugli incentivi per le start up in Spagna
Già da alcuni anni la Spagna ha deciso di cercare di uscire dalla crisi investendo sull'innovazione con una serie di incentivi e agevolazioni dedicati all'industria e alle start up. La crisi economica che ha tormentato l'Europa negli ultimi anni ha lasciato dietro di sé una pesante scia di disoccupazione e di imprese sull'orlo del baratro. Questa situazione nella realtà spagnola era aggravata fino a qualche anno fa dalle lunghe attese e dalle interminabili procedure necessarie per aprire una nuova impresa. Ciò ha portato nel 2013 alla nascita della "Enterpreneurship Law", che mirava a snellire le pratiche per l'avvio di imprese (da 28 giorni a sole 24 ore!) e a fornire incentivi. Grazie a questa nuova mentalità e alle numerose agevolazioni statali la Spagna è diventata una delle realtà più competitive nel panorama europeo per quanto riguarda l'innovazione, con conseguenze favorevoli sull'andamento del PIL. Per questo oggi è particolarmente conveniente scegliere di aprire una start up o un'industria proprio in Spagna. Le start up spagnole prosperano, annoverando tra i settori più redditizi l'hi-tech, il digital, l'ecommerce, le telecomunicazioni e le nuove tecnologie applicate al turismo: la parola chiave è sicuramente ""innovazione"". Un punto importante per chi intende aprire una società è senza dubbio la pressione fiscale. La Spagna assicura un regime agevolato per i primi due anni di attività, con un tasso IRES (imposta sul reddito delle società) del 15 o del 20% a seconda degli utili. Si tratta evidentemente di un tasso assai inferiore a quello italiano. Dal terzo anno in poi il tasso spagnolo è del 20 o del 25%. Inoltre in Spagna è assente l'IRAP (imposta regionale sulle attività produttive, nota anche come la ""tassa sui ricavi"" poiché colpisce il reddito al lordo dei costi e degli oneri). Ma gli incentivi e le agevolazioni offerte dalla Spagna a industria e start up non finiscono qui: - le start up godono di un'aliquota ridotta al 15%; - viene concessa la deduzione del 25% dei costi; inoltre se essi superano la media di quelli dei due anni precedenti, c'è un'ulteriore deduzione del 42% per i costi aggiuntivi; - salvo alcune limitazioni, le imprese titolari di brevetti e segreti aziendali riducono del 60% la base imponibile dell'imposta sulle società. A tutto ciò si aggiungono la possibilità di prestiti partecipativi e la presenza di un importante ""fondo dei fondi"" da svariati milioni di euro per finanziare la crescita delle start up. Il primo programma di co-investimento pubblico a vantaggio delle start up risale al 2012 ed è lo Spain Startup Co-Investment Fund, che ammonta a 20 milioni di euro. Insomma, non c'è da stupirsi nel leggere i dati sui trend di crescita della Spagna: un aumento delle start up di più del 25% nel 2016 (soprattutto nelle aree di Madrid, Barcellona e Valencia), la presenza di aziende leader nel settore dell'innovazione e un enorme afflusso di investimenti stranieri (tanto che, nel 2015, gli investitori esteri hanno partecipato al 73% degli aumenti di capitale delle start up emergenti). Il futuro per le imprese spagnole si prospetta decisamente roseo! |